L’Apprendimento – Avvocato Invisibile Legal Design©

Una delle caratteristiche più straordinarie dell’Avvocato Invisibile Legal Design© è l’apprendimento.
Infatti, il cliente viene coinvolto dal legal designer nei ragionamenti giuridici che portano all’elaborazione della strategia legale. In questo modo il cliente, oltre ad acquisire nozioni legali e le basi del ragionamento giuridico, con l’andar del tempo, acquisisce anche una sensibilità giuridica che gli permette di utilizzare l’avvocato invisibile con tempestività e di essere pienamente e costruttivamente partecipe della propria strategia legale.

L’Avvocato Invisibile non è adatto per quei clienti che vogliono affidare la questione all’avvocato e dimenticarsene. Questo perché, per come la consulenza è strutturata, la collaborazione tra cliente e avvocato è continua mentre il cliente resta sempre alla guida di ciò che succede. Il cliente è l’unico vero esperto della propria questione, il l’Avvocato Invisibile è il navigatore che lo aiuta a tracciare la rotta.

Case Study

Una società di consulenza utilizza da anni un contratto per la vendita di servizi che ho redatto io. E’ un modello standard che prevede delle premesse in cui sono descritte sinteticamente le attività, un articolato breve con le condizioni contrattuali e, in genere, prevede un allegato con le specifiche dei servizi che vengono offerti.
E’ un contratto “equilibrato”.
Nel redigerlo, per garantire la sua riusabilità e facilità di negoziazione, le clausole controbilanciano gli interessi di entrambe le parti.
Per scelta, sono state escluse tutte quelle clausole che possono essere percepite come “punitive” da chi le riceve, come ad esempio clausole penali, more, recesso unilaterale, etc.
Le controparti sono imprese, aziende di varie dimensioni, che normalmente hanno le capacità di negoziare il contratto in tutti i suoi aspetti. Non sempre sono abbastanza strutturate da avere un ufficio legale interno.

La mia cliente ha usato il mio contratto standard per anni senza avere grandi problemi. Nella maggior parte dei casi il contratto veniva negoziato sul corrispettivo e sui tempi di pagamento, inserendo le specifiche del servizio di consulenza su misura per ogni azienda nell’allegato al contratto, senza toccare il resto dell’articolato.
Di tanto in tanto sono stata consultata per una revisione, oppure per sostenere la negoziazione con clienti con esigenze particolari. Negli anni, le questioni che più hanno richiesto il mio intervento sono state quelle relative alla riservatezza, alla proprietà intellettuale e ai relativi articoli del contratto che per il resto è sempre filato via liscio come l’olio.

Tra le varie stipulazioni del contratto, ce n’era una che prevede che la consulenza viene resa senza vincolo di esclusività. E’ una disposizione neutra, forse un po’ di stile, sicuramente non essenziale. Per qualche motivo, quella stipulazione inizia a dare dei problemi. Più di una controparte inizia a fraintenderne la portata e a questionare sull’esclusività.
E’ ben difficile che una società di consulenza diventi “monomandataria”, per così dire, ovvero che si dedichi a fornire consulenza ad un solo cliente. Inoltre, facendo molta confusione, alcune controparti confondevano la non esclusività della consulenza, con la non concorrenza post contrattuale. Quindi, in sostanza, alcune controparti hanno avanzato delle richieste poco sostenibili e non accoglibili. Avrebbero voluto che la mia cliente non solo lavorasse solo per loro in esclusiva – con incarichi che, per portata e valore economico, nemmeno lontanamente potevano dar ragione di una simile richiesta – ma che si astenesse pure dal lavorare con i competitors per un certo periodo di tempo dopo la fine del contratto di consulenza.

Per ragioni che non conosco, probabilmente per superficialità e poca dimestichezza del diritto, le controparti stavano confondendo esclusività e non concorrenza con questioni di riservatezza. Assai legittimamente non volevano far sapere gli affari loro al resto del mondo e come rimedio avevano erroneamente individuato l’esclusività.
Dopo un paio di contratti negoziati allo stremo su questi punti un po’ senza senso, il CEO della società mi scrive dicendomi: e se togliessimo la clausola che dice che la consulenza viene prestata senza vincolo di esclusività? Il CEO, che aveva trattato direttamente con le parti, aveva il fondato sospetto che fosse stata quella clausola ad ingenerare dei malintesi ed il vortice di negoziazioni infinite che non avevano senso di esistere. Non solo me lo chiese avendo individuato l’origine, il trigger, del problema, ma dopo tutte le questioni su esclusività, clausola di non concorrenza, riservatezza e compagnia cantante, aveva anche capito la questione giuridica sottostante: “Se capisco bene l’esclusività deve essere esplicitamente concordata per iscritto, quindi se non si dice niente non c’è, corretto?”

Corretto!

Per via dell’esperienza con il “ragionamento giuridico” che ha fatto con me, ha individuato la fonte del problema, una possibile soluzione e si è confrontato con me prima di applicarla.
Io ho confermato che quanto diceva era corretto, ho emendato il contratto della clausola causa di turbolenze e abbiamo risolto il problema.
Il mio cliente si è addentrato nella struttura giuridica del contratto, ne ha capito le motivazioni di diritto ed ha trovato in autonomia la soluzione, previo confronto con me.

Ecco un altro grande risultato del mio metodo. Collaborando con il cliente, ragionando con lui e condividendo i ragionamenti giuridici, il cliente ad un certo punto li acquisisce ed è sufficiente un semplice e rapido confronto con me per risolvere la situazione, avendola compresa pienamente. Inoltre, con il tempo, i miei clienti comprendono quali sono i così detti segnali deboli a cui prestare attenzione e quindi mi chiamano tempestivamente, in un’ottica preventiva. Così facendo, si assicurano di avere la maggior gamma di opzioni a disposizione per scegliere con maggiore libertà e prevenire problemi e liti che non potrebbero essere risolti o gestiti con altrettanta fluidità.